con Giulia Lazzarini, Umberto Orsini
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Centro Teatrale Bresciano/Teatro Stabile di Brescia
Arthur Miller
Masolino d'Amico
Cesare Lievi
Umberto Orsini, Giulia Lazzarini
Rino Cassano, Paola Di Meglio, Ester Galazzi, Luca Lazzareschi, Elisabetta Piccolomini, Gian Paolo Valentini, Roberto Valerio
Maurizio Balò
Gigi Saccomandi
Luigi Romanelli
Emilia Romagna Teatro Fondazione - Centro Teatrale Bresciano Teatro Stabile di Brescia
Teatro Eliseo Stabile di Roma
Davide Amadei
Paola Moro
05/2/2002, Cesena, Teatro Bonci
Erano tutti miei figli, un testo scritto da Miller nel 1947, è un'importante riflessione sulla guerra appena conclusa che delinea la ricaduta personale e di coscienza individuale che il conflitto bellico ha generato in una famiglia medio borghese.
Racconta infatti la storia di un nucleo familiare che, già privato di un figlio disperso da oltre tre anni, grazie all'intervento della sua giovane fidanzata scopre come il padre industriale, per accrescere i propri profitti, abbia venduto durante la guerra parti d'aereo difettose all'aeronautica militare.
Nell'evidenziare la struttura del testo, ovvero lo svelamento di una colpa commessa, prima nascosta e poi svelata e pagata, Lievi, come Miller, si attiene al realismo e all'oggettività della drammaturgia ibseniana, alla sua concretezza filmica precorritrice di telenovelas e sceneggiati seppur costellata di simboli, ma la esaspera per svelare qualcos'altro: un alone di epicità sotteso, che trascende la fabula facendole acquisire qualcosa di misterioso e segreto, qualcosa che richiama più la tragedia che non il dramma borghese.
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Il richiamo al teatro ibseniano è molto esplicito nel dramma di Miller, non soltanto a livello contenutistico, ma soprattutto a livello strutturale: c'è unità di luogo e tutto avviene in una giornata, come per esempio in Spettri. Si utilizzano inoltre elementi scenografici come simboli che sintetizzano e al tempo stesso amplificano alcuni concetti-chiave. Nel caso di Erano tutti miei figli, fondamentale in questo senso è l'albero piantato per Larry che viene abbattuto da un fulmine durante la notte. Il riaffiorare di una colpa che uccide è poi, ovviamente, un'analogia tematica forte. La colpa qui è legata al denaro "sporco", a un arricchimento realizzato sulla pelle altrui; la rimozione è avvenuta nel più pratico e meschino dei modi, tramite la falsa testimonianza e l'attribuzione di responsabilità a un innocente. Diversamente da come avviene in Ibsen, la colpa nel testo di Miller non arriva ad acquistare una dimensione ulteriore, metafisica, ambigua: è una colpa concretissima, storicamente e sociologicamente ben determinata.
Questo ti ha condotto a un'opzione per il naturalismo nell'impostazione registica?
Soltanto in parte. Io parlerei, per questo spettacolo, di un naturalismo di taglio cinematografico che tende a sconfinare, specialmente nell'ultima parte, in un'aura tragico-epica. Questo risulta abbastanza evidente dalla scenografia: noi non riproduciamo realisticamente il giardino di casa Keller, bensì lo evochiamo in uno spazio astratto che lungo il corso dell'azione teatrale viene sottoposto a un processo di progressivo "svelamento". Vedremo alla fine che si tratta di un cimitero di aeroplani; che tutta la vicenda ha origine dalla tragedia di quelle vite bruciate sull'altare di un meschino calcolo economico. Anche nello stile di recitazione avviene uno slittamento da una riproduzione minuziosa, realisticamente dettagliata, cinematografica appunto, delle caratteristiche dei personaggi, all'acquisizione di un respiro epico, più universale.
(...) Un aspetto interessante di Erano tutti miei figli è la sua coralità; il conflitto verte sul misfatto di un singolo personaggio, John Keller, ma tutta una comunità viene chiamata a una drammatica presa di posizione. C'è una frattura evidente tra le generazioni, con i giovani impegnati nella scelta tragica tra l'accettare la rimozione della colpa e lo sfidarla.
Presentare Erano tutti miei figli, legato com'è a una visione critica della guerra, assume un significato particolare in questo momento storico?
Più che sulla guerra in sé, il testo s'incentra sui suoi retroscena. Alla generazione dei figli/reduci si contrappone quella dei padri, che non hanno fatto la guerra, ma hanno fatto soldi sulla guerra. C'è uno scontro tra i valori di chi è andato a combattere per un ideale e il cinismo di chi ha sfruttato la situazione per i propri interessi. Questa attenzione al tema del profitto rende Erano tutti miei figli provocatorio e stimolante anche oggi.
(...)C'è un profondo rispetto del testo, ma anche un'interpretazione fortemente innovativa, che consiste, come ho già accennato, nel condurre progressivamente la struttura naturalistica a svelare una tessitura d'altro tipo, con aspetti anche visionari, onirici. Un dramma politico è ciò che voglio mostrare - ma anche un orrendo incubo.
da una conversazione con Cesare Lievi
RASSEGNA STAMPA
Il pubblico in piedi ad applaudire gli attori alla fine, gli applausi a scena aperta, premiano però non solo i sentimenti che in molti il testo di Miller ha fatto nascere, ma anche la chiave non facile scelta dal regista Cesare Lievi e portata avanti consapevolmente dagli interpreti: puntare sulla complessità di concetti e sentimenti, sottraendoli a un facile realismo e trasportandoli in una situazione concentrazionaria (...). Ma tutto rimarrebbe nel limbo delle intenzioni se non ci fossero due grandissimi attori come Giulia Lazzarini e Umberto Orsini a emozionarci con una prova superlativa.
Maria Grazia Gregori, l'Unità
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