Teatro delle Passioni, Modena
Teatrino Clandestino, Emilia Romagna Teatro Fondazione, Théatre Garonne Toulouse
Teatrino Clandestino
Fiorenza Menni, Angela Presepi, Barbara Folchitto, Biagio Forestieri
Fiorenza Menni e Pietro Babina
Fiorenza Menni, Pietro Babina
Pietro Babina
Fiorenza Menni, Angela Presepi, Barbara Folchetto, Biagio Forestieri
Madre e Assassina racconta di una donna più che normale, Maddalena Sacer, che un mattino uccide i suoi due bambini.
Madre e Assassina racconta di una ricerca più che formale di artisti, il Teatrino Clandestino, che una sera uccidono gli attori e li sostituiscono in scena con i loro fantasmi.
In questo lavoro, il Teatrino Clandestino, mette definitivamente a punto il dispositivo scenico sperimentato nel corso delle varie tappe che hanno costituito il progetto "Madri Assassine".
Si tratta, in sostanza, di una sperimentazione corposa sull'uso dell'immagine elettronica e delle proiezioni video, che ha condotto il gruppo ad una messa in scena in forma di fantasmagoria, dove l'illusione prodotta attraverso l'uso di immagini proiettate è centrale nella ricerca formale di questo lavoro.
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"Madre e Assassina" racconta di una donna più che normale, Maddalena Sacer, che un mattino uccide i suoi due bambini.
"Madre e Assassina" racconta di una ricerca più che formale di artisti, il Teatrino Clandestino, che una sera uccidono gli attori e li sostituiscono in scena con i loro fantasmi.
Un argomento lo si può scegliere perché lo si trova aderente ad un proprio modo di essere, perché lo si comprende; portarlo in teatro diventa, quindi, esprimere qualcosa di se stessi che in quel momento è vero.
Ma un argomento, lo si può anche scegliere perché la sua realtà è la più lontana immaginabile dalla nostra. In questo caso stiamo portando in teatro un punto interrogativo, una domanda che ci poniamo e che vogliamo condividere. Lo spettacolo diventa quindi il modo di porre in comunione la domanda, è la forma con cui la domanda si presenterà, non al solo pubblico, ma alla comunità intera presente nell'edificio teatrale, pubblico, artisti, maschere, macchinisti, elettricisti, amministratori, organizzatori etc., e la forma con cui si esprime la domanda è la drammaturgia. Le due cose si influenzano a vicenda, la drammaturgia penetra la domanda dandole forma organica, e la domanda penetra la drammaturgia segnandone la genetica.
"Madre e Assassina" appartiene a questo secondo tipo di scelta, parte da qualcosa che è da noi lontanissimo e perciò ci interessa, ci attrae per la sua misteriosità, per il suo essere alieno e nel caso specifico del figlicidio, per il suo essere inesplicabile e terrorizzante.
Ogni cosa estranea, però, ci attrae in quanto collegata a noi da un remoto cordone, ci richiama verso di se come un secchio in fondo ad un pozzo. Seguendo quella corda, giungeremo in un'altra dimensione, ma solo seguendola nella sua discesa, perché se la raccogliessimo a noi, non troveremmo che un banalissimo secchio, privo di alcun interesse una volta colpito dai raggi del sole.
Non è stato possibile perciò costruire la storia di Maddalena Sacer tirando su il secchio, ma solo discendendo laggiù, nel buio del fondo del pozzo.
È una storia che emerge dal buio, quel buio in cui si può vedere ogni cosa, ma con occhi diversi, dove gli occhi guardano con sguardo ribaltato, guardano le immagini del mondo interno e non di quello esterno. È il cinema dell'inconscio, abitato da larve, esseri umani trasfigurati. "Madre e Assassina" è una vera e propria fantasmagoria in cui assistiamo alla coreografia di corpi scarnificati, di più, smaterializzati. Ora, quello a cui assistiamo in "Madre e Assassina " è il Teatro, cioè la sua pura forma, scorporata dalla sua materia, dimostrando che certi assiomi, certe verità su quest'arte sono, oramai, definitivamente crollate e possono si, essere ancora utili, ma non ne costituiscono più la sola ed unica verità. Oggi il teatro e assurto ad un più complesso stato, ma ciò non è colto. C'è, in "Madre e Assassina" e in tutto quello che è stato il progetto madri assassine, lo spostamento formale che ci dimostra quanto l'immagine, che nella sua potenza si è sostituita totalmente alla presenza, possa essere ricondotta ad una condizione di presenza; questo processo ci era già stato, con largo anticipo, proposto dall'immaginario larvale, ma in quanto immaginario, parlava, alludeva, vagheggiava la presenza, e ora, eccola qui, vera presenza, immagini antropomorfe, non esseri umani in carne ed ossa, che fanno agitare la macchina più spettrale mai concepita, Il Teatro. E in questo si vede anche come distillata, o meglio estrusa, la tanto inseguita presenza scenica come in una possibile foto dell'anima.
Quello che la cultura dell'immagine ci ha tolto, il teatro ce lo restituisce nella sua sola grande regola del qui e ora, ma trasfigurato, SPETTRO.
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